Verso Parigi 2015. Gli stati generali dei cambiamenti climatici e la difesa del territorio - 22 giugno 2015

Print Mail Pdf

terra-clima

A soli quattro giorni dopo la presentazione della Enciclica Laudato Si', del santo Padre papa Francesco, il Cardinale Peter K. A. Turkson ha tenuto un discorso dal titolo "Verso Parigi 2015. Gli stati generali dei cambiamenti climatici e la difesa del territorio". 

IL TESTO in .PDF [ITA]

_________________________________________________________

“Verso Parigi 2015. Gli stati generali dei cambiamenti climatici e la difesa del territorio”

Roma, 22 giugno 2015

Laudato si’, sulla cura della casa comune

L’Enciclica di Papa Francesco

 

E’ con piacere che mi trovo, oggi, qui con voi, quattro giorni dopo la presentazione della Laudato si’, l’Enciclica di Papa Francesco «sulla cura della casa comune». Testo che è legato anche al titolo dell’incontro odierno, dedicato agli importanti temi dei cambiamenti climatici e della difesa del territorio.

Affrontare seriamente questi temi: “territorio”, “clima” e “ambiente”, implica la risoluzione della tensione fra la particolarità del "territorio" e l' ampiezza o l'universalità di "clima-ambiente"; e, per tanto, non si può affrontare i temi se non attraverso il coinvolgimento e la responsabilizzazione del più ampio numero possibile di persone e fattori. D’altronde, dice il Papa nell’Enciclica, «il clima è un bene comune, di tutti e per tutti [… e ] i cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituisco­no una delle principali sfide attuali per l’umanità» (n. 23).

Anche la stessa Enciclica pone fin dall’inizio l’importanza del dialogo con tutte le persone, le Organizzazioni e le istituzioni che condividono questa stessa preoccupazione. Essi affrontano prospettive diverse, che sono, tuttavia, fortemente «connesse», intrecciate, complementari. E’ proprio in questa prospettiva che «bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana. Non ci sono frontiere e barriere politiche o sociali che permettano di isolarci, e per ciò stesso non c’è nemmeno spazio per la globalizzazione dell’indifferenza» (n. 52).

Come è ormai chiaro a tutti, l’Enciclica prende il nome dall’invocazione di San Francesco d’Assisi: «Laudato si’, mi’ Signore» che nel Cantico delle creature ricorda che la terra, «la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia» (n. 1). Il riferimento a San Francesco indica anche l’atteggiamento su cui si fonda tutta l’Enciclica, quello della contemplazione orante, e ci invita a guardare al «poverello di Assisi» come a una fonte d’ispirazione. Come afferma l’Enciclica, San Francesco è «l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. […] In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore» (n. 10).

Al centro del percorso della Laudato si’, rivolta «a ogni persona che abita questo pianeta» (n. 3), troviamo questo interrogativo: «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che ora stanno crescendo?». Papa Francesco prosegue: «Questa domanda non riguarda solo l’ambiente in modo isolato, perché non si può porre la questione in maniera parziale». Questo porta ad interrogarsi sul senso dell’esistenza e sui valori che stanno alla base della vita sociale: «Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo? Perché questa terra ha bisogno di noi?». Se non ci poniamo queste domande di fondo – dice il Pontefice – «non credo che le nostre preoccupazioni ecologiche possano ottenere effetti importanti» (n. 160).

Questi interrogativi nascono da una constatazione: oggi la terra, nostra sorella, maltrattata e saccheggiata, si lamenta; e i suoi gemiti si uniscono a quelli di tutti i poveri e di tutti gli «scartati» del mondo. Papa Francesco invita ad ascoltarli, sollecitando tutti e ciascuno – singoli, famiglie, collettività locali, nazioni e comunità internazionale – a una «conversione ecologica», secondo l’espressione di San Giovanni Paolo II, cioè a «cambiare rotta», assumendo la responsabilità e la bellezza di un impegno per la «cura della casa comune». Lo fa riprendendo le parole del Patriarca Ecumenico Bartolomeo: «Che gli esseri umani distruggano la diversità biologica […], contribuiscano al cambiamento climatico […], inquinino le acque, il suolo, l’aria: tutti questi sono peccati» (n. 8).

Allo stesso tempo Papa Francesco riconosce che nel mondo si va diffondendo una maggiore consapevolezza (n. 19) e una presa di coscienza (n. 14) verso una crescente sensibilità per l’ambiente e per i danni che esso sta subendo. In base a questa constatazione, il Papa mantiene uno sguardo di fiduciosa speranza sulla possibilità di invertire la rotta: «L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» (n. 13); «l’essere umano è ancora capace di intervenire positivamente» (n. 58); «non tutto è perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi» (n. 205). Individuare, insieme, percorsi efficaci e intelligenti per “cambiare rotta” è uno dei principali motivi per cui siamo qui riuniti oggi.

Proprio nella chiave del cammino di conversione e di speranza in un futuro rinnovato, Papa Francesco mette al centro dell’Enciclica il concetto di ecologia integrale, come paradigma in grado di articolare le relazioni fondamentali della persona con Dio, con se stessa, con gli altri esseri umani, con il creato. L’ecologia integrale rappresenta altresì una risposta a quella cultura dell’individualismo che «conduce a un deterioramento etico e cultu­rale, che accompagna quello ecologico» (n. 162). 

Vale la pena di ascoltare le parole del Pontefice: «Quando parliamo di “ambiente” facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati. Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà. Data l’ampiezza dei cambiamenti, non è più possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte del problema. È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura» (n. 139).

È questa la cornice al cui interno vanno collocati i diversi temi trattati dall’Enciclica, della quale lo stesso Papa indica «alcuni assi portanti» che l’attraversano nei diversi capitoli: l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso: la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto; e la proposta di un nuovo stile di vita (n. 16). Sono tutti temi-chiave che ben si collocano nell’incontro odierno e nella sua ispirazione etica e politica.

A tale scopo, forse, potrebbe essere utile soffermarsi brevemente sull’articolazione dell’Enciclica che è suddivisa in sei capitoli, la cui successione delinea un percorso preciso. Il punto di partenza (cap. I) sono i principali risultati scientifici oggi disponibili in materia ambientale, per «dare una base di concretezza al percorso etico e spirituale che segue». La scienza è lo strumento privilegiato attraverso cui possiamo ascoltare il grido della terra. Si affrontano questioni complesse e urgenti; alcune delle quali – come i cambiamenti climatici e soprattutto le loro cause – sono oggetto di un acceso dibattito (in campo scientifico), la cui dinamica non deve però esimerci dal riconoscere la grave responsabilità morale di compiere tutto ciò che è in nostro potere per scongiurarne gli effetti negativi sull’ambiente, sui poveri e sulle generazioni future. Il passo successivo nel percorso dell’Enciclica (cap. II) è il recupero delle ricchezze della tradizione giudeo-cristiana, che esplicita la «tremenda responsabilità» dell’essere umano nei confronti della creazione, l’intimo legame fra tutte le creature e il fatto che «l’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti» (n. 95).

L’analisi si occupa poi (cap. III) delle «radici della situazione attuale, in modo da coglierne non solo i sintomi ma anche le cause più profonde» (n. 15), in un dialogo con la filosofia e le scienze umane. L’obiettivo è di elaborare il profilo di un’ecologia integrale (cap. IV) che, nelle sue diverse dimensioni, rifletta «il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda», nelle diverse dimensioni della nostra vita, nell’economia e nella politica, nelle diverse culture, in particolare in quelle più minacciate, e fin anche in ogni momento della nostra vita quotidiana.

Su questa base, il cap. V affronta la domanda su che cosa possiamo e dobbiamo fare, e propone una serie di prospettive di rinnovamento della politica internazionale, nazionale e locale, dei processi decisionali in ambito pubblico e imprenditoriale, del rapporto tra politica ed economia e di quello tra religioni e scienze. Sulla base della convinzione che «ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo», il cap. VI propone, infine, «alcune linee di maturazione umana ispirate al tesoro dell’esperienza spirituale cristiana». Per Papa Francesco è indispensabile che la costruzione di cammini concreti non venga affrontata in modo ideologico, superficiale o riduzionista. Per questo è indispensabile il dialogo, un termine spesso presente nel testo dell’Enciclica: «Ci sono discussioni, su questioni relative all’ambiente, nelle quali è difficile raggiungere un consenso. […] La Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma invito a un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune» (n. 188).

Oggi, l’umanità si trova di fronte a sfide cruciali nella sua relazione con l’ambiente, che richiedono l’elaborazione di politiche adeguate e il rafforzamento di: «leadership che indichi­no strade, cercando di rispondere alle necessità delle generazioni attuali includendo tutti, senza compromettere le generazioni future» (n. 53). Leadership che, come indicato all’inizio del mio intervento, ha anche l’importante finalità di coinvolgere e responsabilizzare il più ampio numero possibile di persone.

Dopo la preghiera dell’Angelus di domenica scorsa (14 giugno 2015), il Santo Padre ci ha invitato ad accompagnare l’Enciclica «con una rinnovata attenzione alle situazioni di degrado ambientale, ma anche di recupero, nei propri territori». Questo sta a dimostrare che il Papa non parla soltanto di degrado ambientale, o delle cose che vanno male, ma che egli riconosce e incoraggia azioni positive, le buone pratiche, i piccoli gesti quotidiani individuali e comunitari che testimoniano una conversione ambientale «nei propri territori», a livello locale. Il Papa pensa non soltanto ai singoli cittadini, ma anche alle associazioni e alle organizzazioni della società civile che possono fare molto per invertire la rotta.

Rivolgendo a tutti la sua Enciclica, il Papa attende un impegno universale per una conversione ecologica affinché ciascuno offra il proprio contributo alla cura della casa comune, ognuno secondo la propria vocazione. Le responsabilità sono di tutti: a livello individuale, locale, regionale, nazionale ed internazionale, nelle relazioni tra Paesi del Nord e quelli del Sud, e all’interno degli stessi Paesi in via di sviluppo, con un’attenzione speciale ai più fragili e ai più vulnerabili della società, comprese «le comunità aborigene con le loro tradizioni culturali» (n. 146).

E’ poi doveroso notare come in questa Enciclica si collochino varie prospettive: da quella ecumenica a quella interreligiosa, da quella scientifica a quella filosofica e teologica, da quella tecnica a quell’etica, da quella sociale e culturale a quella economica e politica, da quella individuale a quella comunitaria, per non parlare dei vari apporti provenienti dal Magistero sociale e dalla stessa Dottrina sociale della Chiesa.

L’umanità, nel suo rapporto con l’ambiente, si trova di fronte a sfide cruciali, che richiedono l’elaborazione di politiche adeguate a tutti i livelli, specialmente a quello internazionale. Certamente la Laudato si’ potrà e dovrà avere un impatto su questi processi. Tuttavia anche un rapido esame dei suoi contenuti, come quello che ho appena delineato, mostra che essa ha una natura magisteriale, pastorale e spirituale, la cui portata, ampiezza e profondità non possono essere ridotte all’ambito delle sole politiche ambientali.